Imponendoci una pacatezza che vorremmo riscontrare anche nei nostri interlocutori, qualche considerazione su alcune delle obiezioni mosse al contratto sulla mobilità da parte di chi ha ritenuto di non firmarlo. Scelta legittima, le cui motivazioni tuttavia fatichiamo a comprendere, anche per il modo in cui vengono argomentate, non sempre distinguendo con chiarezza ciò che discende dal contratto e dalle leggi e avventurandosi talvolta in conteggi sui quali forse occorrerebbe procedere con un po’ più di attenzione e lucidità.
Che sia stato il CCNI a introdurre il vincolo di permanenza triennale, e non norme di legge (DL 126/2019 prima e successivamente DL 73/2021), è affermazione talmente infondata che stupisce doverlo ancora una volta sottolineare. Se poi addirittura il vincolo “esteso a tutti i docenti” viene presentato come una contropartita rispetto alla possibilità di partecipare ai trasferimenti ottenuta per 70.000 neoassunti, si dà luogo a una vera e propria rappresentazione rovesciata dei fatti e della loro successione.
La verità è che il vincolo, prima quinquennale poi triennale, frutto di norme di legge intervenute dopo la firma del precedente contratto, ha rappresentato un pesante elemento di contesto dal quale il negoziato per il rinnovo non avrebbe potuto in alcun modo prescindere. Tant’è vero che le norme di legge stavano già producendo da due anni i loro effetti e li avrebbe continuati a produrre nel caso in cui, senza un nuovo CCNI, l’Amministrazione fosse stata messa in condizione di procedere con atti unilaterali, dando a quelle norme puntuale e rigorosa applicazione.
Nessuno “scambio al ribasso” è stato fatto col nuovo contratto, che libera invece dai vincoli (preesistenti) previsti dalla legge i neo assunti del 2021 e del 2020, dando loro la possibilità (che non avrebbero mai avuto) di partecipare ai movimenti. Non solo: questo contratto consente di mantenere, per la mobilità in ambito provinciale, le regole di natura contrattuale (frutto di precedenti contratti firmati da tutte le maggiori sigle sindacali) e non quelli introdotti per via legislativa dal DL 73/2021. Nulla ha potuto il contratto contro i vincoli posti alla mobilità interprovinciale, su cui l’amministrazione non ha ritenuto di poter accogliere una proposta di applicazione più flessibile che pure avevamo avanzato: ma non sarebbe stata, questa, una buona ragione per mandare al macero quanto invece siamo riusciti a ottenere presidiando con pazienza, tenacia e fatica il tavolo negoziale.
Per gli assunti nel 2019/2020, che la legge 145/2018 assoggettava al vincolo di permanenza triennale e per i quali nei due anni precedenti non è stato possibile presentare domanda di mobilità, sarà ora possibile farlo, essendo stato completato il triennio di permanenza sulla sede. Non è merito del contratto, che comunque dà atto espressamente di tale possibilità.
Ovviamente consentire di partecipare alle operazioni di mobilità non dà a nessuno la garanzia di ottenere un trasferimento: ma è del tutto ovvio che, senza poter fare domanda, l’unica certezza sarebbe quella di rimanere bloccati.
E veniamo allora al ragionamento sui numeri, mettendoli fra loro in una relazione sensata che serva a chiarire e non a confondere le idee. Ci vien fatto osservare che lo scorso anno le domande furono 80.000, e quelle soddisfatte 50.000. Si dice che quest’anno (grazie al contratto, si dovrebbe aggiungere, ma pazienza) le domande potrebbero essere circa 50.000 in più. Un incremento del 62,5%. Non ci sembra poco. Se qualcuno pensa che lo sia, dovremmo dedurne che ritiene quella del vincolo una questione in fondo non così rilevante. Per noi irrilevante non lo è, ancor meno – ne siamo certi – per i diretti interessati.
Quanto ai posti accantonati per i concorsi - rispetto ai quali il contratto non ha avallato alcunché, potendo solo prendere atto di ciò che espressamente prevede la legge - chi volesse renderli disponibili per i trasferimenti, operazione peraltro impossibile per via contrattuale, dovrebbe dirlo ai tanti precari che anche attraverso i concorsi riservati aspirano a stabilizzare il proprio posto di lavoro, e vedere cosa ne pensano. In ogni caso, qualora il ministero non dovesse procedere con il concorso riservato, non ci sarebbero neanche i posti da accantonare, che infatti ad oggi nessuno sa quanti siano e dove siano.
Ancora sui numeri, e ricordando en passant che ai posti rimasti liberi dopo le assunzioni andrebbero forse aggiunti anche quelli liberati dai prossimi pensionamenti: nei movimenti dell’a.s. 2021/22, su 47.230 trasferimenti ben 35.086 (in percentuale il 74,3%) sono avvenuti in ambito provinciale. Stiamo parlando di docenti che, senza il contratto che abbiamo sottoscritto, sarebbero incappati nei vincoli previsti dalla legge. Invece dovranno sottostare unicamente a quelli già stabiliti nel precedente contratto e riconfermati nel nuovo. Si chieda anche a loro, oltre che ai 70.000 neoassunti, se questo “contratto/non contratto burocratico” ha dato qualcosa a qualcuno, o no.
Avremmo preferito poter cancellare con il contratto i vincoli di legge? Certo che sì, ma siccome ciò non risulta possibile né per noi, né per le altre sigle, e visto che i contratti li deve firmare anche la controparte, senza la soluzione negoziata dalla Cisl Scuola sarebbero rimasti in campo, e per tutti, solo i vincoli previsti dalle leggi.
I bisogni e i diritti delle persone, abbiamo detto annunciando la firma del contratto, devono sempre essere messi in primo piano nell’azione sindacale, e questo ha fatto la CISL Scuola, impegnandosi a fondo per il buon esito di una trattativa resa più difficile perché a lungo condotta, e non per sua scelta, praticamente da sola.
Siamo convinti che esista un solo modo per affermare fino in fondo il valore della rappresentanza sociale e delle relazioni sindacali: esserne sempre protagonisti attivi, in primo luogo nelle sedi di confronto e di contrattazione dove si misura davvero la capacità di risolvere i problemi e non solo di descriverli. Lo abbiamo fatto ancora una volta, crediamo di aver fatto la cosa giusta.