Le recenti esternazioni della ministra Giannini, che non capisce come si possa decidere di non presentare domanda di partecipazione alle fasi nazionali delle procedure di assunzione, dimostrano una volta di più la totale lontananza, sua e del governo, dai problemi che entrambi avrebbero l’ambizione di affrontare e risolvere.
Come si fa a dire che i precari della scuola pretendono il lavoro sotto casa, quando sono abituati da sempre ad andarlo a cercare là dove le opportunità di impiego esistono? E come ignorare che quando non lo fanno, non è certo per capriccio o amor di quieto vivere, ma per impedimenti che chiunque, anche la ministra, non dovrebbe faticare a immaginare? Ecco cosa succede quando si ignora del tutto il vissuto che si cela dietro ai numeri degli aspiranti in una graduatoria.
Quello della mobilità forzata, come avevamo denunciato da subito, è solo uno degli effetti di un piano di scarsa razionalità e con profili evidenti di ingiustizia, fondato sulla spasmodica ricerca di clamorosi effetti mediatici, non certo sulle reali esigenze della nostra scuola. Un edificio privo della necessaria stabilità, costruito partendo dal tetto anziché dalle fondamenta.
Dopo aver giocato con grande disinvoltura sui numeri (riducendo come se niente fosse da 150.000 a 100.000 il dato delle assunzioni previste), ci si è rifiutati di procedere alla prima operazione cui sarebbe stato necessario e sensato dare corso, cioè confermare e stabilizzare i posti dell’organico di fatto (sia comuni che di sostegno), quelli che non in astratta teoria, ma nella concreta esperienza costituiscono il presupposto essenziale per l’ordinario funzionamento delle nostre scuole.
Tale operazione avrebbe permesso di farne una seconda, altrettanto sensata e utile, cioè stabilizzare il rapporto di lavoro dei tanti precari che ne avrebbero diritto, perché impiegati da anni a tempo determinato, favorendo così il più possibile anche la continuità didattica. Anche questa richiesta è stata disattesa, a beneficio di una “promessa” alle scuole che sarà difficile mantenere, perché il cosiddetto potenziamento dell’organico terrà conto, più che del loro reale fabbisogno, delle tipologie professionali effettivamente disponibili nelle GAE, avendo fatto del loro svuotamento l’obiettivo che orienta e condiziona l’intero piano.
Rasentando l’impudenza, la ministra Giannini afferma oggi che i sindacati si opporrebbero a questo piano perché mette in discussione “graduatorie gestite da loro”. Affermazione di gravità e falsità inaudite, quasi un ossimoro se si tiene conto che si tratta di strumenti la cui assoluta trasparenza (molto più di quanta ne garantisca il futuro meccanismo di chiamata dei docenti!) deriva anche dalla totale autonomia con cui l’Amministrazione le compila e le gestisce, con procedure pressoché esclusivamente on line.
La verità è un’altra: potenziare gli organici delle nostre scuole, valorizzandone l’autonomia e mettendole in condizione di programmare un’offerta formativa di qualità, dare stabilità al lavoro riducendo al minimo indispensabile il ricorso al lavoro precario, sono obiettivi che il sindacato persegue da tempo, avendo idee e proposte chiare in merito. Idee e proposte che la ministra Giannini e il suo Governo si sono rifiutati ostinatamente di tenere in considerazione, salvo dover prendere oggi atto che la legge da loro voluta non soltanto è invisa all’intero mondo della scuola, ma mette in grave disagio persino quelli che avrebbero dovuto esserne i più diretti e indiscussi beneficiari.
Roma, 4 agosto 2015
Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola
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