È comprensibile che al giorno d’oggi, e specialmente in campagna elettorale, si sia portati a inseguire la massima visibilità attraverso esternazioni che tuttavia, quando si ricoprono ruoli di grande responsabilità, andrebbero sempre attentamente misurate. Soprattutto quando si affrontano questioni delicate e complesse come quelle che riguardano istruzione e formazione.
La ministra Giannini dice oggi la sua sulla vexata quaestio della durata dei percorsi di studio, risolvendola con una soluzione che sembra il massimo della semplicità: anticipare di un anno l’ingresso a scuola, lasciando invariato tutto l’impianto ordinamentale. Per la verità non tanto invariato, perché la scuola dell’infanzia verrebbe ridotta a due anni, ancorché si tratti di un segmento formativo da tutti riconosciuto essenziale nel costruire le premesse di buon esito dei percorsi successivi; una scuola, inoltre, di riconosciuta qualità e prestigio anche in ambito internazionale, tanto che un ex ministro la definì a suo tempo uno dei nostri “gioielli di famiglia”.
Ma a parte questo, che comunque non è poco, stupisce come si possa considerare il sistema scolastico alla stregua di un armadio che è possibile semplicemente spostare un po’ più in qua o un po’ più in là. Né la scuola si può montare e smontare a piacimento, da una parte o dall’altra, come se fosse un componibile Ikea. I percorsi di studio vanno costruiti avendo come essenziale riferimento le diverse tappe dell’età evolutiva. Ogni ipotesi di riforma deve tenerne debitamente conto: non sono consentite improvvisazioni e approssimazioni.
Roma, 21 maggio 2014
Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola