Guardare alla giornata sui diritti delle persone con disabilità come occasione per suscitare e per promuovere una riflessione più profonda e una presa di coscienza maggiore da parte della collettività circa le difficoltà incontrate dalle persone con disabilità, procedendo verso il superamento delle barriere culturali per giungere ad una efficace inclusione sociale.
3 dicembre: giornata internazionale delle persone con disabilità. Dopo speriamo rimanga l’impegno e la volontà di intervenire sul serio!
La Giornata Internazionale delle persone con disabilità del 3 dicembre è stata istituita nel 1981, Anno Internazionale delle Persone Disabili, per promuovere una più diffusa ed approfondita conoscenza sui temi della disabilità, per sostenere la piena inclusione delle persone con disabilità in ogni ambito della vita e per allontanare ogni forma di discriminazione e violenza. Il Programma mondiale d'azione concernente le persone disabili, adottato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1982, stabilisce chiaramente l'obiettivo della piena ed effettiva partecipazione delle persone con disabilità nella società e nei processi di sviluppo. Il programma mondiale e le Regole standard sulle pari opportunità per le persone con disabilità del 1993 sono gli strumenti con cui le Nazioni Unite sostengono la promozione dei diritti e il benessere delle persone con disabilità. Dal luglio del 1993, il 3 dicembre è diventato anche Giornata Europea delle Persone con Disabilità, come voluto dalla Commissione Europea, in accordo con le nazioni Unite. La Norvegia e lo Stato micronesiano di Palau, nell’Oceano Pacifico sono gli ultimi due Paesi ad aver ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (2008), portando a 132 il numero degli Stati che hanno proceduto a questo passo, così come ha fatto anche l’Italia già dall’inizio del 2009 (Legge 18/2009).
In Italia, lo slogan adottato per questa giornata è eloquente: “Tutti diversi... Tutti protagonisti” e si colloca nel tema della Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità, edizione 2013, “Rompi le barriere ed apri le porte; per realizzare una società inclusiva per tutti!”, che vuol mettere in risalto l'interdipendenza tra i diritti delle persone con disabilità e lo sviluppo della società.
Oltre 1 miliardo in tutto il mondo (15% della popolazione) e quasi 3 milioni in Italia (4,8%) della popolazione. Sono le persone che vivono con una disabilità. Anche se avere un quadro preciso del fenomeno non è possibile. Questo perché "la definizione di disabilità non è universale", perché "è molto più difficile rilevare le disabilità mentali rispetto a quelle fisiche” e perché “non vi sono informazioni sul numero dei bambini disabili”, come sottolinea l’Istat nell'ultima rilevazione italiana sulla disabilità che risale ormai al 2004, quando si contavano in Italia 2 milioni e 600 mila persone disabili di 6 anni e più che vive in famiglia e altre 190.134 residenti nei presidi socio-sanitari, per un totale di circa 2 milioni 800mila persone con disabilità nel nostro Paese, per lo più anziani (circa 1,9 milioni) e per lo più donne (66,2% del totale). I dati degli anni successivi sondano specifici aspetti ma continuano a mostrare un Paese diviso in due ed una sorta di nascondimento della disabilità, non solo alle banche dati, ma anche alla quotidianità dei “normali”. Troppo spesso, infatti, i disabili sono ancora oggi costretti a vivere in condizioni di difficoltà di movimento e d’isolamento sociale a causa di barriere strutturali, di assenza di servizi ma anche per gli ancora diffusi pregiudizi.
Giornate come il 3 dicembre non sono la bacchetta magica che trasforma in realtà quello che è il sogno di vivere in comunità e città a misura di persona, di ogni persona. Comunità e città per tutti. Ma Giornate come questa devono almeno contribuire a rialzare il livello di conoscenza e di attenzione e a ricordare che un impegno ancora più profondo deve essere profuso al fine di abbattere la cultura dell’indifferenza e della discriminazione che tutt’oggi esiste, sensibilizzando la cittadinanza alle tematiche della disabilità.
Giornate come questa possono servire solo se portano al centro la dignità, l’autonomia, l’indipendenza, la libertà di scelta, la partecipazione e l’inclusione sociale, il rispetto e la valorizzazione delle differenze e la disabilità come parte della diversità umana. Solo così ci danno l’opportunità di affermare ancora una volta, citando la Convenzione ONU, che la disabilità è un concetto dinamico e in evoluzione, il risultato dell’interazione tra minorazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la piena ed effettiva partecipazione nella società su base di parità con gli altri.
I dati che seguono vogliono essere solo uno stimolo per una ricerca più approfondita e una traccia di riflessione per andare oltre nell’impegno e nell’azione.
Secondo i dati Eurostat del 2009, l’Italia spende per la disabilità 438 euro pro-capite annui, contro la media europea (UE a 27) di 531 euro; nel confronto con gli altri grandi Paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito, Spagna), il dato italiano risulta superiore solo alla Spagna (395 euro annui procapite). Colpisce soprattutto la spesa destinata ai servizi rivolti alle persone con disabilità: solo 23 euro pro-capite annui, meno di un quinto della spesa media europea (125 euro) e pari a meno della metà del dato spagnolo (55 euro). (Fonte: Fondazione Serono, Censis 2012. “I Bisogni ignorati delle persone con disabilità”)
Il modello di welfare italiano è ancora fondamentalmente assistenzialistico e di fatto incentrato sulla delega alle famiglie. In “Inclusione sociale delle persone con limitazioni dell’autonomia personale. Anno 2011”, l’Istat rileva che il 55% delle persone con limitazioni funzionali riceve aiuti unicamente da familiari conviventi o non conviventi a fronte quote marginali di aiuti da parte di assistenti domiciliari od operatori sociali, in via esclusiva (0,8%) o in combinazione con altri tipi di aiuto (1,8%). Ben oltre i due terzi delle persone con gravi limitazioni funzionali non fruisce affatto di assistenza sanitaria a domicilio (70,1%), valore che sale all’83,2% nella fascia di età 11-64 anni.
Per il lavoro, in “Inclusione sociale delle persone con limitazioni dell’autonomia personale. Anno 2011”, l’Istat rileva che la presenza di limitazioni funzionali ha un forte impatto sull’esclusione dal mondo lavorativo. Solo il 16% (circa 300 mila individui) delle persone con limitazioni funzionali di 15-74 anni lavora, contro il 49,9% del totale della popolazione. Il 72% degli occupati con limitazioni funzionali sono uomini. Ma il mercato del lavoro italiano risulta deficitario non solo nella capacità di includere, ma anche di garantire il mantenimento del posto di lavoro. Meno di una persona con Sindrome di Down su 3 lavora dopo i 24 anni, e il dato scende al 10% tra le persone con autismo con più di 20 anni. Meno della metà delle persone con Sclerosi Multipla tra i 45 e i 54 anni è occupata (49,5%), a fronte del 12,9% di disoccupati e del 23,5% di pensionati.
Sul tempo libero delle persone con disabilità, l’Istat, in “Aspetti della vita quotidiana. Anno 2010”, rileva che nel corso di un anno il 12,2% delle persone con disabilità sopra i 14 anni è andato al cinema, a teatro o a vedere qualche spettacolo, rispetto al 25,3% delle persone senza disabilità. Complessivamente, le persone con disabilità che si dichiarano per nulla soddisfatte rispetto alla fruizione del proprio tempo libero sono l’11,3%, contro il 5,1% delle persone senza disabilità; in particolare sono le donne con disabilità a ritenersi meno soddisfatte (il 13,5% contro l’8,5% degli uomini con disabilità). Nel 2012, in “Inclusione sociale delle persone con limitazioni dell’autonomia personale. Anno 2011”), l’Istituto evidenzia che il 15,7% di chi ha limitazioni funzionali (circa 522 mila persone) riferisce che, oltre a problemi di salute, anche la mancanza di assistenza da parte di una persona ostacola la possibilità di fare viaggi, l’11,5% di svolgere attività del tempo libero (circa 441 mila persone) e l’8,7% di utilizzare internet quanto si vorrebbe (circa 329 mila persone).
Sulla scuola l’Istat analizza i dati concernenti l’anno scolastico 2011-2012 che palesano ancora, nonostante la presenza di una legislazione avanzata in termini di inclusione scolastica, la carenza di interventi adeguati. In “L’integrazione degli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado statali e non statali. Anno scolastico 2011-2012” (Istat 2013) viene registrato che nell’anno scolastico 2011-2012 circa il 9% delle famiglie con alunni con disabilità ha presentato ricorso al Tribunale civile o amministrativo per ottenere un aumento delle ore di sostegno e che nel Mezzogiorno gli alunni con disabilità risultano più svantaggiati. Nelle scuole primarie e secondarie di primo grado la quota di famiglie meridionali che ha fatto ricorso per le ore di sostegno è circa il doppio rispetto a quella del Nord (nella scuola primaria rispettivamente 12,7% e 6%; nella scuola secondaria di primo grado rispettivamente 11,5% e 4,3%).
Nonostante la consapevolezza che la realizzazione del progetto individuale passa anche attraverso la continuità del rapporto tra insegnante di sostegno e alunno con disabilità, dal report dell’Istat rileviamo che rispetto all’anno scolastico precedente hanno cambiato insegnante di sostegno il 41,7% degli alunni con disabilità della scuola primaria e il 39,3% di quelli della scuola secondaria di primo grado.
Gli insegnanti di sostegno possono contare sulla presenza di figure professionali che supportano la socializzazione e l’autonomia degli alunni con disabilità totalmente non autonomi in maniera molto diversa: al Nord il numero medio di ore settimanali di assistenza educativa culturale o ad personam (AEC) è circa doppio rispetto a quello registrato nel Mezzogiorno (nella scuola primaria rispettivamente 12,3% e 5,1%; nella scuola secondaria di primo grado rispettivamente 13,2% e 5,5%). E ancora. Se il processo d’inclusione scolastica deve potere realizzare la completa partecipazione dell’alunno con disabilità a tutte le attività della classe, nonostante la possibile maggiore complessità organizzativa nelle scuole primarie e secondarie di primo grado quasi la metà degli alunni con disabilità non partecipa alle attività extrascolastiche organizzate dalla scuola, e tale fenomeno assume una maggiore consistenza nel Mezzogiorno.
(Vedi: http://www.disabilitaincifre.it/index.asp)