Si fa fatica a comprendere, e figuriamoci a condividerle, le ragioni che hanno indotto il Governo a varare un provvedimento che tocca temi di importanza fondamentale per la scuola senza il minimo confronto con le forze sociali e - lo apprendiamo da uno dei maggiori partiti di maggioranza – nemmeno con le forze politiche e parlamentari che sostengono l’attuale Esecutivo.
Agendo in questo modo il Governo non solo fa carta straccia degli impegni sottoscritti nel Patto per la scuola, ma pregiudica fortemente le stesse possibilità di un rinnovo del contratto, vanificando oltre tutto gli sforzi fatti per reperire faticosamente per la scuola risorse aggiuntive a quelle contenute nella legge di bilancio e poter delineare un livello decente di incremento retributivo, possibilità che rischia oggi di essere del tutto compromessa.
Non c’è solo una pesante invasione di campo su materie contrattuali quando si decidono per legge percorsi e modalità di valorizzazione professionale: immaginare che gli sviluppi di carriera possano avvenire a costo zero, senza aggiungere risorse ma dovendole ricavare da quelle complessivamente disponibili, significa ridurre l’entità degli aumenti contrattuali cui tutto il personale ha diritto, specie in presenza di una ripresa dell’inflazione che colpirà duramente il potere d’acquisto delle retribuzioni.
Fanno piacere le dichiarazioni della responsabile scuola del PD quando lega l’obiettivo di una scuola di qualità alla garanzia, da parte dello Stato, di investimenti adeguati e retribuzioni a livello europeo: ci auguriamo che queste affermazioni siano fatte valere anzitutto all’interno della compagine di governo, e subito dopo in Parlamento, con cambiamenti al testo del decreto che non potranno essere solo di facciata.
Resta il mistero di chi abbia pensato e scritto quel testo, sul quale si manifestano così significative prese di distanza, vista anche la notevole diversità rispetto alla sua illustrazione da parte del Ministro nell’incontro con i sindacati. Fuori l’autore, verrebbe da dire, di fronte a un progetto che come altri in precedenza (Moratti nel 2003, Gelmini nel 2010, Renzi nel 2015) appare del tutto calato dall’alto, una condizione che peraltro è stata sempre una premessa di successivo fallimento.
Rimane il fatto che ancora una volta viene affrontato in modo lacunoso, farraginoso, totalmente disancorato dalla realtà un tema importante come il reclutamento, mentre le invenzioni estemporanee in materia di carriere suonano come grave mancanza di riguardo per un corpo professionale del quale si ha evidentemente poca stima, se si ritiene che non meriti in via generale quel giusto riconoscimento indicato come preciso obiettivo nel Patto firmato a Palazzo Chigi un anno fa, nel quale si afferma e si dichiara condivisa l’esigenza di una “valorizzazione della professionalità di tutto il personale della scuola”.
La CISL Scuola, nel richiamare ancora una volta alla coerenza chi ha sottoscritto quel Patto, non intende restare spettatrice inerte di un suo smantellamento: forte della coerenza con cui lo ha fin qui onorato, è pronta ad assumere tutte le iniziative necessarie per evitare che sulla scuola venga compiuto l’ennesimo pasticcio, per il quale non vi possono essere giustificazioni di sorta.
Roma, 22 aprile 2022
Ivana Barbacci, segretaria generale CISL Scuola