2017-11-22 05:30:00
No Alla Violenza sulle Donne

Verso il 25 Novembre 

Annamaria Furlan, Segretaria Generale Cisl

Sono più di 7 milioni le donne italiane che nel corso della propria vita hanno subito una forma di violenza. Femminicidi, molestie, discriminazioni, atti di odio nei confronti delle donne dominano il nostro presente e fanno regredire la nostra democrazia. E’ come una “guerra” moderna tra generi, di cui anche tanti bambini finiscono per essere vittime innocenti, pagando un prezzo altissimo. Tuttavia, oggi c’è una maggiore consapevolezza e comprensione di cosa siano una molestia sessuale ed un abuso di potere. Condividiamo quello che ha scritto Barbara Stefanelli sul Corriere della Sera: attraverso il caso Weinstein molte donne hanno visto spaccarsi “il guscio della vergogna”, quello in cui si sono rinchiuse e continuano a rinchiudersi per paura di restare sole, senza sostegno sociale o familiare. Ecco perché quest’anno il 25 novembre, la Giornata mondiale contro la violenza alle donne, non deve essere solo un momento di riflessione collettiva, ma l’auspicio di una alleanza vera contro l’omertà di genere tra le istituzioni, la società civile, le associazioni cattoliche e laiche, la scuola, l’università, il mondo dell’informazione.

 

La strada verso la libertà da ogni sopruso e violenza resta l’atto primario della denuncia. Ha ragione la Stefanelli quando invita a far “risuonare i nostri no”, a pronunciarli senza paura. Dobbiamo dare un taglio al silenzio in modo da far rispettare la donna in tutti i contesti: sociali, lavorativi e familiari. In questo modo si potrà contare pienamente su protezione, assistenza e su un concreto reinserimento socio-lavorativo. E spetta anche al sindacato far sì che le forme di violenza non restino nascoste, continuando e rafforzando la nostra opera quotidiana per un cambiamento culturale che metta al centro la tutela della persona, a partire proprio dai luoghi di lavoro, perché una società più consapevole dei suoi problemi è già a metà strada rispetto alla loro soluzione. Dovrebbe far parte dei processi educativi e della cultura civica di un paese avanzato e moderno come l’Italia, fin dai primi anni dell’infanzia, spiegare che il rispetto reciproco tra uomini e donne è il fondamento di una comunità. Questo è uno dei compiti che la scuola italiana deve assumere come una priorità, coinvolgendo in questa azione “pedagogica” le espressioni migliori della società italiana.

Tuttavia, la sfida di “relazioni libere e simmetriche”, di cui parla giustamente la Stefanelli, impone scelte coerenti anche sul piano legislativo: servono più investimenti per la prevenzione dei reati, risorse per i centri anti violenza e le case- famiglia, certezza delle pene, uomini e mezzi moderni alle forze dell’ordine.

Gli sforzi del Governo sono apprezzabili, ma il Parlamento deve, correggere presto la norma sulla “monetizzazione” del reato di stalking che rappresenta una vera assurdità. Non ci devono essere, insomma, ambiguità o tentennamenti nei confronti di chi maltratta ed umilia le donne come avviene, per esempio, ancora nelle campagne del nostro Sud a tante braccianti, italiane e straniere, vittime del capolarato, costrette a lavorare spesso in condizioni disumane. E dobbiamo dire davvero basta con la schiavitù di tante ragazzine stuprate e costrette a prostituirsi sotto le nostre case e lungo le arterie delle nostre città nell’indifferenza delle istituzioni. Anche questa è una forma violenta ed incivile di sfruttamento della peggior specie.

Ci sono centomila donne vittime del racket e della “tratta”, costrette a vendere il loro corpo nel nostro paese. Ha fatto bene il comune di Firenze che ha deciso di multare i clienti delle prostitute per aiutare tante ragazze a denunciare i propri aguzzini. In tanti Paesi del Nord Europa dove è stata introdotta una legge che punisce il cliente, il numero di prostitute è diminuito in maniera sensibile. Ed è cambiata anche l’opinione pubblica: prima il 30% era a favore della criminalizzazione del cliente, oggi il 70. La libertà sessuale di andare con le prostitute è una “libertà” esercitata nei confronti di chi, nella stragrande maggioranza, non è una donna libera e non ha scelta. Per questo continueremo a sostenere la campagna promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Benzi, per dare una speranza a tante giovani ragazze, aiutandole a ritrovare una vita normale ed un ruolo attivo nella società.

La missione di un sindacato è anche questa. Come stanno facendo tante categorie, contrattando migliori condizioni per le donne lavoratrici, per il sostegno alla maternità ed al lavoro di cura, ai centri di ascolto, agli asili nido, all’assistenza sanitaria integrativa, perché spesso la violenza si annida nelle frustrazioni dei luoghi di lavoro, nel divario salariale tra uomini e donne, nell’imposizione del lavoro domenicale e dei part- time alle donne in tante aziende, dove le discriminazioni, il mobbing ed il sessismo sono spesso l’anticamera di fenomeni di violenza gravi. Questa è la battaglia sindacale e culturale che la Cisl vuole portare avanti, unendo uomini e donne per una giusta causa, facendo nostro l’invito di Papa Francesco a “stare con gli ultimi”, a batterci contro ogni intimidazione, per la libertà e la piena dignità di tutte le donne.

....corriere.it

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