L’impossibilità di portare a positiva conclusione la sequenza contrattuale sull’assegnazione della sede di servizio ai docenti titolari di ambito scaturisce dalle proposte che l’Amministrazione ha avanzato nella fase finale del confronto, discostandosi nettamente dal quadro di intese faticosamente costruite in sede politica nei giorni precedenti.
Se nella mattinata di giovedì 14 luglio si poteva dire sostanzialmente definita un’intesa sulle procedure con cui dare attuazione a quanto prevede la legge 107 per i titolari di ambito, la battuta di arresto e poi la rottura della trattativa si sono determinate dopo che l’Amministrazione ha presentato, contrariamente alle intese, una lista abnorme di requisiti fra i quali individuare i quattro cui fare riferimento, in ogni scuola, per graduare le domande presentate dai docenti interessati all’assegnazione.
Tutta la trattativa, frutto di un preciso impegno assunto dalle parti nel contratto integrativo sulla mobilità firmato nella scorsa primavera e durata più di un mese, è stata portata avanti con l'obiettivo di garantire imparzialità, pubblicità, massima oggettività e trasparenza delle procedure e dei criteri da seguire nell’assegnazione dei docenti alle scuole. Questo nell'interesse non solo del personale, in attesa di conoscere la propria sede di lavoro, ma anche dei dirigenti scolastici responsabili degli atti amministrativi necessari.
Nello spirito, dunque, di un’azione sindacale attenta, com’è da sempre costume della Cisl Scuola, a contemperare efficacia del servizio pubblico ed esigenze di tutela professionale dei lavoratori, si era arrivati a definire una procedura così articolata, che avrebbe dovuto prevedere:
- la pubblicazione da parte di ciascun istituto di un “avviso” contenente l’indicazione degli specifici requisiti di competenza (massimo quattro) di cui la scuola ha particolare necessità in relazione alle peculiarità del proprio PTOF;
- la domanda dei docenti, rivolta a tutte o solo ad alcune scuole dell'ambito, corredata da un curriculum in formato standard, disponibile tramite il sistema informativo, riportante esperienze e competenze certificate;
- la pubblicazione da parte del dirigente scolastico, una volta ricevute dall’Amministrazione le domande rivolte alla propria scuola, di una graduatoria dei docenti interessati, considerando in via prioritaria il possesso dei requisiti richiesti e, in caso di parità dei requisiti posseduti, prendendo in considerazione il punteggio normalmente riconosciuto per le operazioni di mobilità;
- la copertura, in base all’ordine di graduatoria come sopra definito, dei posti vacanti.
Gli uffici regionali avrebbero completato le assegnazioni dei docenti rimasti senza sede, operando in base al punteggio della mobilità. Il tutto con una tempistica che garantisse a tutti accessibilità alle informazioni e alle procedure, con l’obiettivo di una sistemazione di tutto il personale entro l'avvio dell'anno scolastico.
Non senza qualche preoccupazione per i tempi comunque piuttosto stretti in cui svolgere una procedura così articolata, consideravamo un buon accordo quello costruito col confronto e il negoziato, un accordo che garantiva sia principi trasparenti ed oggettivi sia regole chiare, utili a evitare difformità di comportamenti e quindi rischi elevati di contenzioso. Un accordo che rappresentava l’esigenza delle organizzazioni sindacali di regolare una procedura che invece per l'amministrazione poteva e doveva non avere troppi vincoli e precetti.
Contenere in termini ragionevoli il numero dei requisiti definiti in ambito nazionale, dai quali ogni scuola avrebbe avuto la possibilità di scegliere i quattro da inserire nel proprio “avviso” (in relazione ai contenuti del PTOF) appariva scelta coerente e funzionale rispetto all’impianto generale di una procedura complessa da gestire in tempi piuttosto stretti.
Per questo ci è parso sorprendente, oltre che inaccettabile, la presentazione da parte dell’Amministrazione di una lista di oltre quaranta requisiti, molti dei quali non strettamente attinenti alla didattica, altri assolutamente generici e non verificabili. Una “lista della spesa” non pertinente e dispersiva che oltre a complicare il lavoro dei dirigenti scolastici, avrebbe disorientato i docenti che nel predisporre la propria candidatura sarebbero stati indotti ad elencare tutto e di più, come se fosse un'esposizione astrusa, restituendo un’opacità di caratteristiche professionali piuttosto che agevolare l'esaltazione delle qualità che veramente servono al lavoro in classe.
Dopo aver invano proposto - motivandone la necessità - di ridurne in modo consistente il numero, abbiamo preso atto dell’impossibilità di concludere in modo coerente e positivo un percorso negoziale rivolto a ottenere regole che garantissero imparzialità e trasparenza, tentativo compromesso dall’intransigente arroccamento del MIUR su richieste che tutte le organizzazioni presenti al tavolo hanno ritenuto inaccettabili.
Siamo ora in attesa di conoscere - dopo il nostro impegno costante che ha spinto l'amministrazione in extremis a confrontarsi per provare a trovare un'intesa - le decisioni che l’Amministrazione dovrà assumere, in assenza di contratto, con atto datoriale. Se alla fine l'amministrazione coglierà nel suo provvedimento unilaterale i tratti di principio e di coerenza voluti con forza dalle organizzazioni sindacali, rimarrà però l’“inquinamento” dovuto a comportamenti rigidi e incomprensibili.
Sarà comunque alta la nostra vigilanza: nel caso si cercasse di disperdere quanto di positivo la trattativa è comunque riuscita a definire sul versante delle procedure da seguire per le assegnazioni, si metteranno in campo le necessarie iniziative. Così come saranno impugnate decisioni e comportamenti che non assicurino le indispensabili garanzie di obiettività e trasparenza per le quali, nelle settimane scorse, ci siamo impegnati con forte e costante determinazione.
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